Capestrano viene menzionato già nel 1284, quando Carlo I assegnò a Riccardo di Acquaviva alcuni dei suoi territori. Nel 1579, il Borgo fu proprietà di Francesco I dei Medici a cui fu ceduto dai Piccolomini, che diedero il loro nome al Castello, struttura ancora oggi integra a pianta trapezoidale con tre torri circolari, ed una torre prismatica da cui è possibile ammirare tutta la Valle del Tirino. Al 1643 risale invece la Chiesa di Santa Maria della Pace che solo successivamente, alla metà dell’Ottocento, fu dotata di un campanile. Degno di menzione è il Convento francescano di San Giovanni, costruito nel 1447. Al suo interno si trovano un museo, dove si custodiscono oggetti appartenuti al Santo, ed una biblioteca dove sono conservati volumi e manoscritti, il più antico dei quali – una bolla di Papa Urbano IV – è datato 18 Aprile 1262.

Il borgo di Capestrano è famoso per il ritrovamento del “Guerriero di Capestrano”, una statua rinvenuta casualmente nel 1934 da un contadino locale durante dei lavori agricoli per l’impianto di una vigna. Il guerriero, noto anche con il suo nome Nevio Pompuledio, risalente alla metà del VI sec. a.C., rappresenta una figura maschile con le braccia ripiegate sul petto, in costume militare con caratteristico copricapo dalle larghe tese, interpretato come elmo da parata. Oggi la statua, simbolo del Parco Nazionale del Gran Sasso ed emblema dell’ Abruzzo nel mondo, è conservata nel Museo nazionale di Archeologia di Chieti. I successivi scavi, che fecero scoprire altri frammenti della statua permettendone più tardi la ricomposizione e il restauro, riportarono alla luce anche una necropoli con alcune tombe e corredi funerari datati tra il VII e il IV sec. a.C., questo patrimonio archeologico è individuabile nella zona archeologica di Capestrano nei pressi della località Collelungo. Splendore dell’architettura medievale, è la Chiesa di S. Pietro ad Oratorium, fondata nel 756 dal Re Desiderio dei Longobardi e rinnovata nel 1100. Al suo interno si conserva un maestoso ciborio del 1200 ed un affresco raffigurante Cristo con i 24 Evangelisti. Sulla facciata principale, a destra del portone d’ingresso, è scolpito il famoso “quadrato magico”.

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”Il quadrato del Sator”: una ricorrente iscrizione latina, composta dalle cinque seguenti parole: SATOR, AREPO, TENET, OPERA, ROTAS. La loro giustapposizione, nell’ordine indicato, dà luogo a un palindromo, vale a dire una frase che rimane identica se letta da sinistra a destra o viceversa. L’iscrizione è stata oggetto di frequenti ritrovamenti archeologici, sia in Italia (sia in epigrafi lapidee che in graffiti, ma il senso e il significato simbolico rimangono ancora oscuri, nonostante le numerose ipotesi formulate. Il curioso quadrato magico è visibile su un numero sorprendentemente vasto di reperti archeologici, sparsi un po’ ovunque in Italia (Siena, Aosta, in provincia di Latina, di Frosinone, di Verona) e in Europa (Inghilterra, Francia, Spagna, Ungheria, Svizzera). Difficile stabilire il significato letterale della frase composta dalle cinque parole, dal momento che il termine AREPO non è strettamente latino. Le traduzioni più acclamate sono, seppur di senso oscuro: “Il seminatore, con il carro, tiene con cura le ruote”, con riferimento al seminatore come richiamo al testo evangelico; un’interpretazione più semplice, considera “Arepo” come nome proprio, da cui “ Arepo, il seminatore, tiene con maestria l’aratro”. Altri teorici hanno ipotizzato la tesi dell’apocalisse, osservando con spirito enigmistico l’insieme delle lettere che lo compongono e rilevando che esse possono servire a comporre una croce, nella quale la parola “PATERNOSTER” si incrocia sulla lettera N: avanzano due A e due O, che possono porsi ai quattro estremi della croce, come fossero l’alfa e l’omega, il principio e la fine.